Attività di ricerca in ambito paleontologico

Il personale scientifico impegnato nella sezione di Geologia e Paleontologia, vista la particolare “natura rocciosa” che caratterizza il territorio provinciale, è da sempre stato impegnato in attività di ricerca sul campo. Di particolar rilievo sono le ricerche che l’Istituto conduce in modo sistematico, da oltre cinquant’anni, in ambito paleontologico. I diversi contesti che caratterizzano la nostra provincia hanno infatti permesso di individuare alcune aree particolarmente ricche in contenuto fossilifero: i giacimenti presso cui sono state avviate attività di ricerca paleontologica, essendo riferiti a tutte e tre le ere geologiche, hanno negli anni permesso di aggiungere importanti tasselli per meglio descrivere l’intera storia geologica bergamasca. Grotta, pendio, o cava, ogni giacimento ha richiesto un approccio diverso nella ricerca.

Paleozoico

Per quanto riguarda il Paleozoico la ricerca si è concentrata nella porzione più settentrionale delle Orobie ed ha riguardato un’indagine di superficie legata a tracce ed impronte lasciate da anfibi e rettili vissuti circa 300 milioni di anni fa.     

Mesozoico

Ma sono le rocce del Mesozoico che hanno favorito più che mai la formazione di giacimenti definiti, in alcuni casi, dei veri e propri “lagerstatten” vista la particolare ricchezza in contenuto fossilifero e visto l’eccezionale stato di conservazione degli esemplari recuperati.

Le campagne di scavo organizzate per esempio dal Museo presso i giacimenti triassici della Valle Seriana, Valle Brembana e Valle Imagna hanno avuto per anni quasi cadenza annuale: degno di nota il giacimento situato presso l’abitato di Cene, in media Valle Seriana, dove a partire dagli anni ’90 è stato possibile improntare in modo sistematico una campagna di ricerca di tipo stratigrafico. Qui la vasta superficie in esposizione, relativamente pianeggiante seppur affiorante lungo un pendio inclinato, mette in luce diversi strati di natura calcarea; la suddivisione della superficie da studiare in ampie aree regolari ha permesso di procedere con una ricerca di dettaglio all’interno di porzioni 50×50 centimetri consentendo così, strato dopo strato, riflessioni sull’intero volume del bacino sedimentario oggetto dello scavo.

Cenozoico

Anche i giacimenti riferiti all’era più recente, il Cenozoico, hanno permesso di avviare negli anni diverse attività di ricerca sul campo che hanno consentito di portare alla luce importantissime testimonianze dal passato.

Per citarne solo un paio di esempi basti ricordare le campagne di ricerca, condotte per circa un decennio a partire dalla fine degli anni ’80 nella grotta chiamata “Büs di Tri Fradéi” presso Zorzone nel Comune di Oltre il Colle, che hanno permesso la raccolta di numerosi resti di Ursus spelaeus che negli anni successivi hanno permesso l’avvio di progetti di studio sfociati in tesi di laurea.

Il secondo esempio, più recente, si riferisce invece ai depositi lacustri pleistocenici di Pianico-Sèllere che hanno restituito lo straordinario scheletro intero di Cervus acoronatus, recuperato contestualmente ad altre migliaia di reperti per lo più vegetali, in occasione della campagna di scavo di emergenza condotta nell’estate del 2001 presso Sovere, in Val Borlezza.

Oltre agli studi svolti a scala provinciale si segnalano, a partire dagli anni ’50, attività di ricerca condotte presso località paleontologiche italiane e straniere come Svizzera, Germania ed Austria legate a motivi di studio o all’incremento delle collezioni del Museo. Negli anni inoltre si sono sempre più consolidate le collaborazioni con istituti di ricerca europei, quali musei ed università, con cui si sono condivisi importanti progetti di studio centrati sui reperti paleontologici legati ai giacimenti bergamaschi. Un’ultima attività che distingue, per qualità e professionalità, le competenze in ambito paleontologico dell’Istituto è quella che riguarda la preparazione e il restauro dei fossili: le procedure e le tecniche di lavoro, per lo più di tipo conservativo, si sono affinate negli anni tanto da portare alla pubblicazione della “Carta del Restauro” redatta e condiva con altri ricercatori italiani ed europei.

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