E’ una piccola bobina di induzione montata su una base di legno e formata da circuito primario e secondario avvolti intorno ad un nucleo composto da un fascio di fili di ferro dolce. Il circuito primario è collegato a due morsetti posti sulla base dello strumento, per il collegamento con una pila; il circuito secondario fa capo ad altri due morsetti da cui si preleva la corrente indotta, generata nel secondario dalle interruzioni della corrente di alimentazione nel circuito primario. La bobina, che poteva essere usata sia per esperienze di laboratorio che per applicazioni di elettroterapia, ha la particolarità di avere un interruttore rotante (mancante) per la corrente che circola nell’avvolgimento primario.

L’interruttore rotante era formato da un cilindro di ferro dolce, alle cui estremità erano avvolte alcune spire di filo conduttore, le cui estremità pescavano nelle vaschette riempite di mercurio fissate alla base dello strumento e collegate ai poli della pila, sfiorando il menisco convesso del mercurio. Ad ogni mezzo giro del cilindro la polarità si inverte e le attrazioni e repulsioni fra il cilindretto dell’interruttore e il nucleo di ferro della bobina determinano l’interruzione e l’inversione della corrente nel primario.

La bobina è stata restaurata nel 2017 da Paolo Brenni e Anna Giatti presso i laboratori della Fondazione Scienza e Tecnica di Firenze.

Strumento in esposizione