La scelta di esporre all’ingresso del Museo le ricostruzioni in scala reale di un Mammut adulto e di un suo cucciolo è strettamente legata ad alcuni reperti che caratterizzano le collezioni paleontologiche dell’Istituto riferite al Quaternario bergamasco.
Questi modelli, grazie anche ad un suggestivo apparato iconografico che da sempre accompagna questi Proboscidati estinti, accolgono i nostri visitatori all’inizio del percorso espositivo riscuotendo grande apprezzamento soprattutto da parte dei più giovani. Ma come anticipato, il valore reale legato a questo allestimento è racchiuso ed esplicitato nell’esposizione delle due zanne recuperate all’inizio del ‘900 presso Petosino (Bg) ed attribuite proprio a Mammuthus primigenius, comunemente conosciuto come mammut lanoso.
All’incirca 30.000 anni fa la vasta area pianeggiante collocata tra Bergamo e Villa d’Almè corrispondeva ad un ampio bacino lacustre del quale oggi rimangono solo i sedimenti argillosi corrispondenti al suo fondale.
Durante l’attività di estrazione delle rocce sfruttate per la produzione di Gres nel XX° secolo, ad una profondità variabile tra i 3 e i 7 metri, sono stati scoperti a più riprese resti paleontologici riferiti a questi giganti del Quaternario che ci raccontano di una Bergamo “glaciale” quando l’ambiente che si era instaurato era caratterizzato da un clima rigido e strettamente legato ad una delle ultime avanzate dei ghiacci nella nostra provincia.
I reperti riportati alla luce presso Petosino includono diverse parti dello scheletro e non solo le zanne; nei depositi del Museo sono conservati molari, vertebre, una scapola, porzioni di mandibola, costole, ossa incomplete delle zampe ed altri resti di ossa troppo scomposte in frammenti e quindi indeterminabili.
Le due grandi zanne di Mammuthus primigenius scoperte a Petosino nel 1905 sono state riportate in esposizione nel 2018 in occasione dei festeggiamenti per i 100 anni di apertura al pubblico del museo cittadino, dopo oltre 30 anni da che erano state tolte dal percorso museale a causa delle loro pessime condizioni di conservazione. Entrambe appartengono ad uno stesso esemplare e sono spettacolari per le ragguardevoli misure: lunghezza circa 3,50 m, circonferenza alla base di circa 50 cm e peso all’incirca di ognuna pari a 60 Kg.
La zanna sinistra, spezzata una sessantina di anni fa, era mantenuta in posizione solo perché serrata tra gli anelli metallici del supporto in legno, risalente ai primi anni del secolo scorso, su cui era alloggiata. La zanna destra invece, era stata tolta dall’esposizione negli anni’80 perché molto deteriorata e collocata nei depositi dopo essere stata accuratamente avvolta in uno stretto bendaggio così da evitarne ulteriori fratturazioni.
Per ogni zanna è stato necessario un accurato restauro che ha richiesto molti mesi di lavoro nei laboratori di paleontologia del Museo condividendo ogni sua fase del progetto con la Soprintendenza Archeologica della Lombardia. Inizialmente è stata necessaria la pulizia dei reperti dalle antiche patine, successivamente sono stati asportati i materiali di restauro in precedenza utilizzati, si è proceduto poi con i trattamenti di consolidamento, di tamponamento delle parti mancanti ed infine con la colorazione delle nuove integrazioni. Per la zanna sinistra è stato avviato anche il restauro del supporto originale su cui era alloggiata e sui cui ancora oggi è possibile vederla montata nell’attuale allestimento.
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