Duecentoventi milioni di anni fa, in un’epoca del Triassico superiore chiamata Norico, alla zona di Bergamo corrispondeva una vasta distesa d’acqua. Il mare era caldo e poco profondo con piccole isole ricoperte di vegetazione. I bassi fondali erano interrotti da zone più profonde, in cui periodicamente l’acqua ristagnava e l’ossigeno veniva a mancare rendendo impossibile la vita. I resti degli organismi che finivano sul fondo di questi bacini non si decomponevano subito, venivano ricoperti dai sedimenti e si fossilizzavano. Gli esemplari esposti forniscono un’importante testimonianza della vita di quel periodo: i pannelli forniscono notizie sulla geologia e sull’ecologia di quegli antichi ambienti, le vetrine permettono di compiere un ideale cammino dalle profondità di quell’antico mare alle sue rive, sulla terraferma ed infine in cielo. Questi fossili rappresentano reperti di grande valore scientifico e la loro eccezionalità ha reso famosi i giacimenti norici bergamaschi in tutto il mondo. Fai una visita virtuale nella sala Bergamo 220 milioni di anni fa .
Nelle prime vetrine si possono osservare gli abitanti del mare aperto, dai grandi e medi predatori, ai piccoli pesci che vivevano in banchi. I grandi pesci predatori di quel lontano periodo, Saurichthys e Birgeria, avevano morfologia e stile di vita diverso: affusolato e veloce il primo, massiccio e poderoso il secondo. Alla parete è esposto il più grande esemplare completo di Saurichthys finora scoperto, la sua lunghezza raggiunge i 160 cm. I predatori di dimensioni più piccole erano l’agile Gabanellia, il pesce volante Thoracopterus, Holophagus affine agli antenati dei vertebrati terrestri, e Pseudodalatias noto per le minuscole serie di denti. I Pholidophoriformes e i Pholidopleuriformes erano piccoli pesci che vivevano in banchi e rappresentavano il principale nutrimento dei grandi predatori.
Verso la scogliera vivevano i picnodonti (Brembodus e Gibbodon) e Sargodon, abili nuotatori fra gli scogli in cerca di cibo. La loro dentatura era specializzata per triturare il robusto esoscheletro degli invertebrati di cui si nutrivano. Altri abitanti di questa zona erano Dapedium e Dandya che si cibavano di piccoli invertebrati, Paralepidotus, dalla forma tozza e dalla robusta dentatura perfetta per triturare le conchiglie dei molluschi bivalvi, e Legnonotus che si nutriva soprattutto di crostacei. Altri abitanti del mare, che costituiscono una componente sostanziale dei ritrovamenti fossili, sono gli invertebrati: crostacei, sia nuotatori, sia adattati a vivere su bassi fondali, ma anche echinodermi, gasteropodi e coralli.
Altri animali vivevano in quest’area prossima alla costa. Esistevano infatti anche rettili marini come Endennasaurus, affusolato e ben adattato al nuoto che, privo di denti, si nutriva probabilmente di piccoli crostacei, e Psephoderma alpinum che si nutriva di molluschi di cui triturava i gusci con i grandi denti appiattiti. Accanto i resti fossili di quest’ultimo è esposto un modello che rappresenta l’animale così come doveva apparire in vita. Un’altra importante scoperta è quella legata agli insetti il cui ritrovamento conferma la vicinanza di terre emerse. L’eccezionalità di questi reperti è dovuta anche al fatto che i resti di questi animali si conservano molto difficilmente allo stato fossile. Gli insetti triassici sono inoltre molto poco conosciuti perciò la libellula Italophlebia gervasuttii scoperta presso il sito paleontologico della Valle Brunone costituisce una testimonianza fossile di grande valore scientifico.
Le vetrine di questa sezione ospitano importanti ritrovamenti di rettili che popolavano la terraferma, alcuni addirittura sconosciuti in altre località. Tra questi vi sono Langobardisaurus pandolfi e Sclerostropheus fossai tipico per il lungo collo che probabilmente vivevano lungo le rive cacciando crostacei e molluschi, oppure l’erbivoro corazzato Aetosaurus e il minuscolo Diphydontosaurus che si nutriva di insetti. Un importantissimo ritrovamento è costituito da Mystriosuchus planirostris, un grande Fitosauro il cui scheletro misura circa 4 metri. Questo esemplare è importante perchè è uno dei pochi al mondo di cui si conosca l’intero scheletro e perchè presenta uno spiccato adattamento alla vita acquatica che non si riscontra nei Fitosauri finora conosciuti. Una ricostruzione che pende dal soffitto di questa sala rappresenta questo rettile così come doveva apparire in “carne ed ossa”. Infine altre due rarità: Drepanosaurus unguicaudatus e Vallesaurus cenensis, entrambi adattati alla vita arboricola, dotati di coda prensile e lunghi artigli sottili per fare presa sulle cortecce. In abbinamento all’eccezionale fossile di Vallesaurus cenensis è esposto il modello che riproduce in scala reale come doveva apparire in vita questo piccolo rettile.
La vetrina più grande espone i reperti di Eudimorphodon, Peteinosaurus e Preondactylus. Questi pterosauri avevano ali formate da una robusta membrana sostenuta dal quarto dito lunghissimo della zampa anteriore. Questi generi con dimensioni simili agli attuali gabbiani, avevano un’apertura alare di circa un metro ed erano non solo abili nel volo planato sfruttando le correnti d’aria ma furono anche i primi rettili volanti sulla Terra a sviluppare un volo attivo. La vetrina più piccola invece ospita l’olotipo (l’esemplare più rappresentativo, su cui è stata istituita la nuova specie) di Eudimorphodon ranzii, il primo pterosauro recuperato presso il giacimento di Cene, un esemplare che per importanza scientifica e valore estetico può essere considerato il simbolo della fauna norica bergamasca. Guarda la simulazione del volo di Eudimorphon ranzii realizzata da Fabio Manucci
Sul fondo di questa sala è allestita una suggestiva ricostruzione che fornisce un’interpretazione dell’ambiente del Triassico bergamasco così come documentato dai fossili scoperti nella nostra provincia ed esposti in questa sezione del Museo. Gli Pterosauri solcavano i cieli, i Fitosauri popolavano la terraferma, i banchi di piccoli Folidofori erano attaccati dai predatori, alcuni rettili acquatici esploravano i fondali alla ricerca di cibo. Un ambiento caratterizzato da una fauna ricca e differenziata che testimonia un ecosistema evoluto con una catena alimentare ben sviluppata.
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